giovedì 29 gennaio 2009

Lattanzio e il cosiddetto "Editto di Milano"

Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio (in latino: Lucius Caecilius Firmianus Lactantius; Africa, 250 circa – Gallie, 327 circa) è stato uno scrittore, retore e padre della Chiesa latina, fra i più celebri del suo tempo.

Nato da famiglia pagana, fu allievo di Arnobio a Sicca Veneria. Per la propria fama di retore fu chiamato da Diocleziano, su consiglio di Arnobio, a Nicomedia, in Bitinia, capitale della parte orientale dell'Impero e residenza ufficiale dell'imperatore, come insegnante di retorica (290 circa).

Fu costretto a lasciare il suo ufficio nel 303 a causa delle persecuzioni contro i cristiani, alla cui religione si era convertito. Lattanzio abbandonò quindi la Bitinia nel 306, per farvi ritorno cinque anni dopo, in seguito all'editto di tolleranza di Galerio. Nel 317 Costantino lo chiamò a Treviri, in Gallia, come precettore del figlio Crispo. Probabilmente morì a Treviri qualche tempo dopo.

A Lattanzio dobbiamo la riproduzione in lingua latina del testo di un editto pubblicato da Licinio a Nicomedia, nel 313. Le disposizioni rispecchierebbero le decisioni prese da Costantino e Licinino durante un incontro avvenuto a Milano nello stesso anno, e conosciute col nome improprio di "Editto di Milano":


Quando noi, Costantino e Licinio imperatori, ci siamo incontrati a Milano e abbiamo discusso riguardo al bene e alla sicurezza pubblica, ci è sembrato che, tra le cose che potevano portare vantaggio all'umanità, la reverenza offerta alla Divinità meritasse la nostra attenzione principale, e che fosse giusto dare ai Cristiani e a tutti gli altri la libertà di seguire la religione che a ciascuno apparisse preferibile; così che quel Dio, che è seduto in cielo, possa essere benigno e propizio a noi e a tutti quelli sotto il nostro governo. (3) Abbiamo quindi ritenuto una buona misura, e consona a un corretto giudizio, che a nessun uomo sia negata la facoltà di aderire ai riti dei Cristiani, o di qualsiasi altra religione a cui lo dirigesse la sua mente, cosicché la Divinità suprema, alla cui devozione ci dedichiamo liberamente, possa continuare ad accordarci benevolenza e favore.
(4) Di conseguenza vi facciamo sapere che, senza riguardo per qualsiasi ordine precedente riguardante i Cristiani, a tutti coloro che scelgono di seguire tale religione deve essere permesso di rimanervi in assoluta libertà, e non devono essere disturbati in alcun modo. (5) E crediamo che sia giusto ribadire che, tra le cose affidate alla tua responsabilità, l'indulgenza che abbiamo accordato ai Cristiani in materia religiosa è ampia e senza condizioni; (6) e che tu capisca che allo stesso modo l'esercizio aperto e tranquillo della propria religione è accordato a tutti gli altri, alla stessa maniera dei Cristiani. Infatti è opportuno per la stabilità dello stato e per la tranquillità dei nostri tempi che a ogni individuo sia accordato di praticare la religione secondo la propria scelta; e su questo non prevediamo deroghe, per l'onore dovuto a ogni religione.

(7) Inoltre, per quanto riguarda i Cristiani, in passato abbiamo dato certi ordini riguardanti i luoghi di cui essi si servivano per le loro assemblee religiose. Ora desideriamo che tutte le persone che hanno acquistato simili luoghi, dal fisco o da chiunque altro, li restituiscano ai Cristiani, senza per questo chiedere denaro o un altro prezzo, e che questo sia fatto senza esitazione. (8) Desideriamo anche che quelli che hanno ottenuto qualche diritto su questi luoghi come donazione, similmente restituiscano tale diritto ai Cristiani: riservando sempre il diritto a costoro, che hanno acquistato per un prezzo o ricevuto gratuitamente, di fare domanda al giudice del distretto per ottenere un bene equivalente dalla nostra benevolenza. Tutti quei luoghi devono, in virtù del tuo intervento, essere restituiti ai Cristiani subito e senza indugio. (9) E dato che sembra che, oltre ai luoghi dedicati ai riti religiosi, i Cristiani possedessero altri luoghi che non appartenevano a singole persone ma alla loro comunità, ovvero alle loro chiese, tutte queste cose vogliamo che siano comprese nella legge espressa qui sopra, e desideriamo che siano restituite alla comunità e alle chiese senza esitazione né controversia: sempre restando ferma la possibilità, da parte di quelli che restituiscono senza domandare prezzo, di chiedere un'indennità affidandosi alla nostra benevolenza. (10) Nel mettere in pratica tutto ciò in favore dei Cristiani, dovrai usare la massima diligenza, affinché i nostri ordini siano eseguiti senza indugio, e soddisfatto il nostro obiettivo di assicurare la tranquillità pubblica. (11) E così possa il favore divino, di cui abbiamo già goduto negli affari della più grave importanza, continuare ad accordarci il successo, per il bene della cosa pubblica. (12) E affinché questo editto sia noto a tutti, desideriamo che facendo uso della tua autorità tu faccia sì che sia pubblicato ovunque.


(Lattanzio, De mortibus persecutorum, cap. XLVIII)

Nessun commento:

Posta un commento